Nella seconda metà dell’Ottocento si contavano in pianura circa 50 mulini da grano concentrati nelle comunità dell’alta e della media pianura. Mossi dalle acque di canali derivati da fiumi e torrenti o originati da fontanili, erano dotati di ruote verticali o orizzontali e di un numero variabile di coppie di macine (mèsna), – da 3 a 12 – a seconda della portata e caduta dei canali. Per rinnovare le provviste di farina di frumento e frumentone e limitare il rischio di un loro deterioramento (palaur d’la farenna), i contadini, una o due volte al mese, portavano a macinare piccole partite di cereali e pagavano al mugnaio una molenda (mulidura) in natura o danaro. La farina greggia – non setacciata – che riportavano a casa veniva conservata all'interno di farinai (cassòn dla farénna), sacchi (sach dla farénna), o appositi bigonci di legno e setacciata al momento dell’impiego per separare il fior di farina, (fiòur), il tritello (tridèl) e la crusca (ròmmel).