Francesco Zambeccari (1752-1812) - Una vita avventurosa

Francesco Zambeccari
Francesco Zambeccari
Francesco Zambeccari (1752-1812) condusse una vita avventurosa dal tragico epilogo.
Cadetto delle Guardie Reali a Madrid, quindi tenente di fregata, fu impegnato dapprima nella caccia ai pirati nel Mediterraneo, quindi a difesa dei domini d'oltremare negli anni della Rivoluzione Americana.
Insofferente ad ogni disciplina, dopo che una sua presa di posizione a favore di un libero pensatore francese aveva richiamato l'attenzione del tribunale dell'Inquisizione, lasciò l'Avana e si rifugiò a Parigi, poi a Londra.
Vi giunse nel 1783, l'anno del primo volo dei fratelli Mongolfier. Qui, ebbe inizio la sua passione per le ascensioni aerostatiche.                     
Nel 1785 partì per Pietroburgo dove entrò a far parte della Marina Imperiale russa. Nel 1787 la sua nave fece naufragio e venne fatto prigioniero dai turchi. Rilasciato dopo due anni e mezzo tornò a Bologna, sposò contro la volontà paterna Diamante Negrini e, ormai in rotta con la famiglia, gestì un commercio di vini e un forno.

Studioso di aerostatica, ideatore e costruttore di un globo mongolfiera, fu protagonista di diverse ascensioni, l'ultima delle quali gli fu fatale.
Caparbio, insofferente alle tradizioni nobiliari, impiegò tutte le sue risorse vitali ed economiche per i suoi esperimenti. Nonostante il forte indebitamento le proprietà fondiarie ereditate alla morte del padre, nel 1795, non furono intaccate, e tra queste la Tenuta S. Marino.
Ne trascurò, tuttavia, la conduzione lasciandole allo stato di degrado.                    

Nel 1773, da poco giunto a Londra, Francesco Zambeccari, iniziò i suoi esperimenti aerostatici facendo innalzare due piccoli palloni da lui stesso costruiti.
I buoni esiti lo convinsero a tentare l'esperienza del volo. Il 23 marzo 1785 compì, con l'ammiraglio Vernon, la sua prima ascensione durata 54 minuti. Solo dopo molti anni ebbe modo di mettere a frutto queste esperienze.
Nei primi anni dell'800 pubblicò due saggi sulle macchine aerostatiche, frutto di studi compiuti durante la prigionia in territorio ottomano.
Tornato a Bologna investì ingenti fondi, sia propri che provenienti da prestiti e sussidi, per costruire un aerostato di sua invenzione.             

Il 7 ottobre 1803 prese il volo dalla Montagnola con due collaboratori compiendo un drammatico percorso fin sopra l'Adriatico che lo portò ad ammarare a Pola con un principio di assideramento.
La notorietà gli procurò molti sostenitori che gli fornirono i finanziamenti necessari a costruire una nuova macchina volante che si innalzò, il 22 agosto 1804, dal prato dell'Annunziata fuori Porta S. Mamolo di fronte a 50 mila spettatori.
L'atterraggio a Capo d'Argine non riuscì pienamente: solo il suo compagno riuscì a scendere, mentre Zambeccari  fu riportato da vento in quota fino al delta del Po nei pressi di Comacchio.

Negli anni successivi egli ritentò la sorte. Ormai indebitato, ottenuta un'esenzione fiscale dal Vice Re d'Italia, realizzò un terzo aerostato con il quale compì il 21 settembre 1812 un'ultima tragica ascensione.

In fase di decollo, a causa di un urto contro un albero, l'alcol in fiamme si rovesciò sui due occupanti la navicella. Francesco Zambeccari, gravemente ustionato, morì il giorno seguente.