In novembre i contadini dovevano vangare i canapai a loro spese. Quando la famiglia non disponeva di un numero sufficiente di braccia era costretta a ricorrere a mano d’opera salariata. Si trattava di uno dei lavori più duri, vero e proprio “giogo colonico” sulle spalle dei lavoratori. Il canapaio infatti in genere si estendeva su una superficie variante da un decimo ad un quarto del podere.
Fra il XVIII e XIX si realizzò un forte incremento della superficie coltivata a canapa, tanto che, soprattutto nei poderi più grandi non fu più possibile imporre ai contadini questo onere e questa estenuante fatica. Per poter continuare ad estendere l’area a canapa i proprietari furono costretti a sostituire la vangatura con la ravagliatura e a concorrere alle spese. La nuova tecnica di produzione che consisteva nel combinare insieme il lavoro dell’aratro e della vanga: con l’aratro trainato dai buoi si scavava alla profondità di 30 cm e con la vanga si dissodava e si approfondiva il fondo del solco. Questa operazione richiedeva l’impiego simultaneo di 12-16 lavoratori, ma con una riduzione del lavoro complessivamente erogato da 60 a 30 opere (giornate di lavoro) per ettaro.
Nell’Ottocento l’aratro impiegato nelle lavorazioni del terreno era di tipo asimmetrico, il tradizionale piò, ben adatto ai terreni bolognesi, a struttura portante di legno e organi di lavoro di ferro.
L’introduzione della ravagliatura fece avvertire l’esigenza di un adeguamento dell’avantreno dell’aratro. Fu aumentato il diametro di una delle due ruote, perché potesse poggiare sul fondo del solco tracciato (ruota da ravaglio, roda d ravai), mentre l’altra, la minore, poggiava sul terreno sodo. Con questo accorgimento, che fece assumere all’aratro il nome di ‘aratro zoppo’, si faceva procedere e lavorare l’attrezzo sempre in piano. Il traino dell’aratro richiedeva l’impiego da tre a sei paia di bovini da lavoro. Trai i mezzadri, che difficilmente possedevano un così alto numero di animali, era diffusa l’usanza di fèr a zérla, ossia di scambiarsi il bestiame da lavoro per poter eseguire le arature alla dovuta profondità.
Nel 1908 Annibale Certani costruì un aratro ravagliatore che permetteva di eseguire contemporaneamente l’aratura, con il normale corpo dell’aratro (35 cm), e la ravagliatura, con un corpo aggiunto di dimensioni più ridotte, consentendo un risparmio sui costi di produzione valutato intorno al 50%.
Fino alla fine del XIX secolo, tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo, si effettuava la semina: i contadini spargevano i semi contenuti in un canestro (panìr), mentre altri lavoratori li ricoprivano prima con la zappa poi con il rastrello per spianare il terreno. Le seminatrici meccaniche stentavano a diffondersi per i costi eccessivi tutti a carico del mezzadro che per contratto doveva possedere gli attrezzi da lavoro.