Il bucato

Il bucato

Il grande bucato per il lavaggio della biancheria domestica (fèr bughè) durava dai due ai tre giorni. Impegnava tutte le donne della famiglia e si effettuava una volta al mese circa, compatibilmente con i lavori della campagna. Per togliere l’unto dalla biancheria si usava la liscivia (alsì), miscela detergente di cenere e acqua, ricca di carbonato di potassio. La cenere, appositamente prodotta e conservata per questo scopo, doveva essere “ben cotta” sulle braci e passata al setaccio per eliminarne le impurità. Con il fuoco prodotto dai fusti del granoturco (malghèr) e dalle radici della canapa da seme (spruch) si riscaldava l’acqua contenuta nella grande caldaia (paról), posta sul fornello (furnasèla) di mattoni, nei pressi del pozzo, o sul fornello di metallo, spostabile all’occorrenza.

 

La biancheria era messa in ammollo per alcune ore nel grande mastello di legno (mastèl,mastlòn) con una prima liscivia ottenuta versando cenere direttamente nell’acqua della caldaia (alsì alzira), quindi si faceva defluire il liquido. Si fissava poi sull’orlo del mastello una tela (zindrandel), su cui si stendeva la cenere e su di essa si versava acqua bollente, travasata dal paról al mastlòn con un attingitoio a lungo manico (mas-cla o mis-clòn). Nella liscivia la biancheria riposava per un’intera notte. Il mattino successivo, con l’ausilio di un’asse (as da lavèr), posta sul mastello, si sfregavano col sapone e con la brusca di saggina (brósca) i singoli capi, poi deposti su di una panca (banca da lavèr). La biancheria era ordinatamente ricollocata nel mastello e sottoposta nuovamente al processo di lisciviatura per un’altra intera notte. L’operazione era solitamente ripetuta (alsì mórta, smóia). Al termine, si faceva defluire definitivamente la liscivia, talvolta utilizzata per il lavaggio di altri capi colorati o di lana. Si risciacquava (arsintèr) o nel mastello, traendo acqua pulita dal pozzo, o nel maceratoio o in canali e corsi d’acqua nei pressi della casa. Si stendeva infine la biancheria su di un lungo filo (córda da bughè) per l’asciugatura.

 

Il sapone (savòn) necessario si produceva, in genere una volta l’anno, bollendo lungamente in acqua cotenna e ossa di maiale con l’aggiunta di soda caustica, fino a ottenere un composto denso. Si versava poi questo amalgama in una cassetta di legno, dove, raffreddandosi, si rassodava e compattava. Allora si tagliava, con un coltello, a piccoli riquadri che costituivano i pezzi di sapone da usarsi nell’arco dell’anno. Potevano essere anche predisposte cassette provviste di traverse a delimitare scomparti delle dimensioni richieste.

Il bucato settimanale (lavè), per pochi capi d’uso quotidiano, era compito delle singole spose che lavavano utilizzando un mastello più piccolo (mastlén).