Il cavallo, il calesse e l’orgoglio “contadinesco”

Il cavallo, il calesse e l’orgoglio “contadinesco”

Assieme a buoi, vacche e vitelli, molti contadini allevavano nelle loro stalle anche un cavallo o piuttosto una cavalla, della quale potevano vendere periodicamente anche i puledri. Se ne servivano soprattutto per il tiro dei veicoli destinati al trasporto di persone ed eventuali carichi leggeri. Con il biroccino (bruzén) portavano le regalie (uova, galline, capponi, uva) al padrone, il latte al caseificio, oppure trasportavano a casa o al mercato i lattonzoli di maiale o i vitelli. Con il calesse dalle ruote di legno gommate (dumadòura) andavano invece in chiesa, in paese, al mercato, alle fiere e a fare i conti con il fattore. A metà Ottocento, il “comune uso presso i contadini di tenere propri cavalli”, pur tollerato, era guardato con sfavore da una parte dei possidenti e un agronomo come Giovanni Contri ne sottolineava i danni recati agli allevamenti d’interesse anche del proprietario con lo spreco di “foraggio e di pascolo per solo alimento del vizio e dell’orgoglio contadinesco”.