Gli artigiani del legno

Artigiani legno
foto Archivio "Le tracce di una storia" - Centro Sociale Ricreativo Culturale Santa Viola, Bologna

Tra le attività artigianali presenti nelle campagne bolognesi, la lavorazione del legno era tra le più importanti, poiché molte delle attrezzature agricole impiegate o parti di esse e dell'arredamento domestico o degli utensili casalinghi erano costituiti di questo materiale.

 

Oltre al falegname di campagna, la cui bottega sorgeva in ogni borgo o all'interno delle grandi tenute agricole e la cui considerazione era tale che a loro era affidato l'incarico di periti "partitori" nelle stime dei beni familiari per gli atti di successione o divisione, erano anche presenti artigiani del legno altamente specializzati: i bottai, i tornitori e i carradori, le cui botteghe, ubicate nei borghi, servivano clienti provenienti da lontano, attirati dalla qualità del loro lavoro. I primi costruivano tutta l'attrezzatura della cantina, i tini e le botti, i bigonci e le castellate. Per preparare le doghe impiegavano modelli e strumenti particolari, grandi pialle e vari zappetti. Il legno era soprattutto il rovere, che facevano stagionare mantenendone una scorta.

 

Anche i carradori avevano consistenti quantità di legname, stagionato per anni, sempre pronto per soddisfare gli ordinativi per un calesse, un barroccio o, soprattutto, un carro. Strumento, questo, costoso ma indispensabile per il lavoro agricolo, richiesto espressamente dai contratti di mezzadria come proprietà dei contadini, i quali affrontavano notevoli sacrifici economici rivolgendosi agli artigiani che avevano fama di costruirne di robusti e con fregi artisticamente intagliati.

Tra i nomi di carradori giunti fino a noi si ricordano Bassi, Borghi, Dalla, Poggi, Toselli, delle vere e proprie dinastie. Si trattava di famiglie molto numerose in cui tutti gli uomini, in genere molti fratelli, erano impegnati in bottega, ciascuno con la propria specializzazione; la produzione di un carro richiedeva infatti la capacità di lavorare sia il legno che il ferro, competenze ordinarie ed artistiche. Un buon carro doveva avere requisiti di robustezza e soprattutto di maneggevolezza, doveva avere, a pieno carico, una deformazione contenuta ed uno sterzo in grado di girare senza che le ruote venissero a contatto con le barelle. Nella bottega, necessariamente molto grande, erano impiegati anche molti garzoni.

 

 

 
 
Carradori
foto Archivio "Le tracce di una storia" - Centro Sociale Ricreativo Culturale Santa Viola, Bologna

Alcuni di questi artigiani, come il carradore, tramandavano il "mestiere" di padre in figlio, e godevano di una certa agiatezza e una posizione preminente nelle comunità; la maggior parte, però, ricavava dal proprio lavoro appena il necessario per vivere, tanto da costringere a volte ad una seconda attività, qualificata o meno, come ad esempio il muratore o il bracciante. Il lavoro veniva effettuato generalmente in cambio di prodotti - grano, uva, animali domestici, fascine - con consegna dilazionata secondo la stagionalità dei raccolti.

 

Collegati alla lavorazione del legno erano alcune figure di ambulanti che nella nostra pianura, di casa in casa, offrivano la loro modesta ma preziosa opera ancora nella prima metà del Novecento. Varia la loro provenienza, come anche l'ampiezza dell'area di percorrenza. Per generazioni sono scesi dalle regioni montane, dove il lavoro ambulante aveva una lunga e consolidata tradizione, i seggiolai delle vallate venete del feltrino. Giravano con una cassetta in cui riponevano i pochi attrezzi di cui avevano bisogno - coltello a petto, raspa, scalpello, seghetto e poco altro - con i quali costruivano o riaccomodavano qualche sedia. Nei mesi autunnali ed invernali veniva invece richiesto l'intervento dei segantini per trasformare in assi, con le loro grandi seghe azionate da due uomini, i tronchi degli alberi tagliati per rinnovare una piantata.

 
 

Testo di Claudio Mazzetti, Restauro e Didattica del Restauro ligneo, Bologna